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Cosa sono i serpenti d'argento che si snodano per il bosco immerso nella solitaria notte di mezza estate? Motivo ornamentale che prefigura il simbolismo o elemento concreto della poetica di stampo naturalista? L'opera narrativa del giovane Rilke vive delle multiformi sfaccettature che caratterizzano la temperie culturale alla fine del XIX secolo. Nel 1896, appena ventenne, colui che è oggi considerato il maggior poeta moderno di lingua tedesca annunciò un «libro di racconti», che però non venne mai pubblicato. Con il tempo, infatti, l'autore prese le distanze dalle sue prime opere narrative, giudicandole acerbe rispetto allo stile che andava maturando. Eppure questi racconti sono già profondamente rilkiani nei motivi e nei temi, espressione di quell'unica istanza che percorrerà l'opera dello scrittore fino alla camera parigina di Malte e alle «vie della città-tormento» nella decima elegia duinese: la sensibilità per la miseria e la solitudine, rispecchiate qui in interni malsani e bui, nel vuoto chiacchiericcio dei saloni borghesi o nello squallore del proletariato urbano. Sono soprattutto le donne a dar voce alla sofferenza: ragazze oppresse da madri egoiste o da rigide prescrizioni religiose; mogli svendute per pagare i debiti o rifiutate da mariti che sentono il matrimonio come limite alla loro vis poetica; figure femminili affascinanti e complesse, che trovano la forza di riscattarsi con un dirompente atto di ribellione. Accostando prosa poetica e squarci di crudo realismo, momenti di lirismo struggente e inattese torsioni grottesche, questi racconti tratteggiano schizzi, pennellate vivide e veloci dalla verità quasi scenica, sul tema universale dei sentimenti e della sofferenza umana.